Nel corso del Seminario Regionale DiAF organizzato a Sesto S.Giovanni (Mi) lo scorso 19 marzo, ho avuto la possibilità di presentare e condividere alcune riflessioni in merito ad un possibile parallelo tra la realizzazione di un portfolio fotografico e quella di un audiovisivo.

Approfitto di queste pagine per farne un brevissimo riassunto, che possa in qualche modo servire da promemoria anche a quanti me ne hanno fatto richiesta esplicita, non avendo preso appunti in sala.

Ho affidato lo spunto di partenza alla proiezione di un filmato promozionale di un gruppo rock che in 4 secondi ha creato un momento di “caos visivo totale”. Rivisto poi notevolmente rallentato (20.000 volte!), ha evidenziato come ogni più piccolo evento di questi 4 secondi sia stato progettato con eccezionale cura e attenzione.

Al termine del video gli autori hanno lasciato anche questi due brevi messaggi, a giustificazione del lavoro: “ci vuole solo un momento per fare la differenza” e “contribuiamo ad illuminare il mondo”.

Una reale constatazione il primo, dettata anche dall’esperienza; un vero e proprio progetto di vita il secondo, che credo possa anche costituire un “manifesto” per noi fotografi.

Al “racconto” di questo evento mi sono allacciato per parlare di  “Digital Storytelling”, evidenziando come due americani – Joe Lambert e Dana Atchley – lo avessero coniato negli anni ‘90, utilizzando questa tecnica in teatro, per mostrare su un enorme schermo nero immagini e filmati di storie di vita per aiutare dei gruppi di persone con problemi di identità (raccontare storie è da sempre strumento di condivisione di valori sociali e culturali).

Proprio impostando una narrazione si sviluppano abilità di scrittura, artistiche, tecnologiche, comunicative… per questo l’evoluzione dello storytelling si è avvalsa dell’utilizzo di fotografie, disegni, musiche, video, voci, effetti sonori, fumetti… per coinvolgere completamente la sfera emotiva dell’uomo.

Sette gli elementi consigliati da Joe Lambert per progettare un racconto:

1. Le storie devono essere personali e autentiche.
2. La narrazione interessante (ponendo domande e fornendo risposte non banali)
3. Il contenuto coinvolgente ed emozionante.
4. L’economia della narrazione deve essere calibrata (si può dire molto con poco).
5. La colonna sonora deve contribuire alla narrazione.
6. Lasciare parlare l’implicito, facendo attenzione ad evitare ridondanza.
7. Il ritmo del progetto deve essere adeguato alle modalità narrative.

E qui approdiamo al Portfolio (porta-fogli) che è  essenzialmente un racconto fatto di immagini, che può (deve) essere organizzato rispettando importanti criteri espressivi ed operativi:

– L’Intenzione: secondo l’idea che anima la mia scelta, (tematica, artistica, ecc.) adotterò un diverso “modo di esprimermi” (come nei diversi tipi di racconto a parole…);
– La Vicenda: l’insieme dei singoli soggetti delle fotografie, dei “punti fermi “ attorno ai quali si sviluppa il portfolio (trama, fil-rouge);
– Il Racconto: l’insieme delle scelte operative secondo l’approccio tecnico unito a quello artistico, che mi consentono di rappresentare coerentemente la “vicenda” e  “l’intenzione” secondo un progetto e regia precisi;
– Il Significato: ciò che voglio far capire, la rappresentazione visiva della mia idea (la “forza del soggetto” e la “forza dell’autore”…).
A questi criteri, già analizzati e approfonditi da Sergio Magni, come anche nell’ambito del Dipartimento Cultura della FIAF, ho ritenuto di aggiungerne un altro:

– Il Tempo: il ritmo narrativo, visualizzato anche da precise scelte grafiche e compositive nella presentazione del portfolio (…dinamica audiovisiva).

Utile quindi ricordare alcuni criteri operativi che consentono di esprimere correttamente i precedenti criteri espressivi:
– il Racconto potrà proporsi a ciclo chiuso, a ciclo aperto, per analogia o per contrasto;
– nell’espressione del racconto i significati si potranno aggiungere per scelta, o per accostamento, nella successione delle immagini;
– è necessaria molta attenzione alla selezione delle proprie immagini, soprattutto se prelevate da un archivio già esistente;
– prestare attenzione al peso delle situazioni narrate, ai possibili squilibri tra importanza di situazioni e numero di foto dedicate a ciascuna (tempo di lettura);
– evitare le ripetizioni, utilizzando solo foto essenziali;
– nelle titolazioni riportare solo indicazioni utili alla comprensione.

L’ obbiettivo finale di queste riflessioni/attenzioni è la compiutezza della nostra opera, sia che si tratti di un portfolio, sia che si tratti di un audiovisivo: tanto più accurata sarà la fase progettuale, tanto più soddisfacente e completa sarà la proposta del nostro messaggio, anche solo in 4”, e davvero potremo contribuire “ad illuminare il mondo”.

Trovate questo mio contributo assieme ad altri interessanti articoli sul Notiziario AV n°75 del Dipartimento Audiovisivi FIAF (http://www.fiaf.net/diaf/wp-content/uploads/2016/01/NotiziarioAV75.pdf)