10 settembre 2023, compleanno di Angela, mia moglie.

Decidiamo di punto in bianco di festeggiare pranzando all’Abbazia d’Erbamara, un’agriturismo a conduzione familiare gestito da due fratelli, in provincia di Pavia, nel bel mezzo delle risaie.
Tranquillità, ottima cucina, tempi rilassati e una giornata di splendido sole ci regalano un bel momento di serenità.

Decido di portare anche il mio piccolo drone, acquistato ad aprile e non ancora alzato in volo e, al termine del pranzo dopo mille scrupoli e considerazioni varie, decido di provarlo.

Ci sistemiamo a lato della polverosa strada bianca che porta all’agriturismo e, all’ombra di un pino, inizio le procedure di decollo, dimenticando alcuni importanti accorgimenti operativi (tipo il numero di satelliti disponibili, la verifica del punto automatico di rientro ecc.), forte solo della consapevolezza di non avere limitazioni di ordine burocratico/gestionale del volo e dello spazio aperto che ci circonda.

Le eliche girano, quindi funziona (sospiro di sollievo). Lo alzo da terra e diventa sempre più piccolo, in un mare di blu.

“Abbassalo, abbassalo!” mi dice un po’ angosciata Angela. “Lo devo provare, deve stare su” dico io (ma comincio a preoccuparmi).

Destra, sinistra, avanti, indietro, su, giù, rotazione sull’asse verticale, hovering, rotazione della camera di ripresa: sì perché poi il mio interesse non è quello di fare evoluzioni spericolate, ma poter vedere il mondo da un’angolazione inconsueta, e poter registrare fotograficamente i segni, le tracce, il paesaggio disegnato sotto ai miei piedi.

In questo tempo di raccolta del riso, con il sole che si posiziona sempre più radente al suolo, le tracce lasciate dai mezzi agricoli e dal lavoro dell’uomo elaborano visioni artistiche davvero sorprendenti.

Con l’entusiasmo del momento, non mi accorgo che anziché scattare singoli fotogrammi, sto registrando dei video (le immagini a corredo del post sono singoli fotogrammi estrapolati) e ad ogni pressione sul monitor di controllo ne inizio o ne termino uno. E non mi accorgo nemmeno che il drone va, e a tratti va anche a velocità sostenuta in conseguenza della poca dimestichezza con gli stick di controllo… e non lo vedo più!

Fibrillazione. Cerco di capire la sua posizione guardando quello che lui vede. Il tempo passa e un segnale acustico e visivo mi avverte che la batteria è quasi scarica… Panico.

Cerco di richiamarlo con la funzione automatica di “ritorno a casa” (RH), non ricordando che il comando si attiva con una doppia pressione – corta/lunga – del tasto e aspetto. Lo cerco guardandomi intorno, alzo lo sguardo ed è a 90° alto sopra di noi, alla distanza fissa di rientro preimpostata automaticamente.

Finalmente scende, atterra, le eliche tagliano qualche stelo di erba e si fermano. Sospiro di sollievo.
Mi pare di rivivere in una serie di cortometraggi degli anni ’60: “Avventure in elicottero”, con Chuck  e Pete impegnati in missioni spericolate a bordo di un Bell 47G.

Come prima esperienza è sufficiente, lo ripongo con cura nella sua valigetta e imposto il nostro “return to home” in auto attraverso le strette stradine delle risaie con un sole che si colora di tramonto.

Scarico i file sul computer, un po’ deluso di aver fatto dei video senza molto senso (movimenti imprevisti, inquadrature “miste”…), ma con vedute che confermano le possibilità espressive del mezzo a fronte di una ricerca oculata e una preventiva preparazione tecnica attenta. Si aprono “nuovi orizzonti”…appuntamento alla prossima “mission”!