Nella fotografia c’è una realtà così sottile che diventa più reale della realtà. (Alfred Stieglitz – 1864/1946)

Nell’inverno del 1893, Alfred Stieglitz è tornato da poco a New York dopo esser stato nove anni in Europa. Una sera entra in un teatro dove rappresentano “La signora delle camelie” di Alexandre Dumas. Protagonista: Eleonora Duse.
«Sentii, per la prima volta da quando ero tornato, che c’era di nuovo un contatto tra me e il mio Paese. Se negli Stati Uniti ci fossero state più cose come quella donna e quella pièce, il Paese sarebbe stato più sopportabile».
Pochi giorni dopo Stieglitz scatta una delle sue immagini più celebri, The Terminal. «Per terra c’era la neve. Un cocchiere in impermeabile dava da bere ai suoi cavalli fumanti. Sembrava ci fosse qualcosa di strettamente legato al sentimento profondo per ciò che avevo visto qualche sera prima a teatro. Decisi allora di fotografare ciò che c’era dentro di me.  I cavalli che fumavano e la solitudine che provavo nel mio Paese, tra la mia stessa gente, sembravano, in qualche modo, legati a quel che avevo provato vedendo quella rappresentazione teatrale e la sua protagonista. Ho pensato a che fortuna avevano quei cavalli ad avere almeno un uomo che gli dava da bere. Ed era la solitudine ad avermi fatto vedere quell’uomo».

Da quando la fotografia è nata, nel corso delle sue fasi evolutive, si è presa coscienza delle potenzialità che poteva esprimere e si è conseguentemente cercato il modo per andare oltre la pura realtà che era in grado di documentare.

Quasi una necessità, sempre più presente, sempre più forte, di trasmettere il nostro “sentimento”,  ciò che più ci appartiene e che per questo è unico, il solo che possa caratterizzare pienamente un’immagine e configurarne un’emozione legata solamente a noi, per poterla poi condividere con altri, nel tentativo di contribuire al “benessere” di tutti.

Per noi che realizziamo anche audiovisivi, questa ricerca trova altri esiti, altre vie da percorrere grazie all’aiuto della musica, di una colonna sonora a supporto delle fotografie. Ma quante volte nel corso delle proiezioni, pur con tutte le attenzioni che abbiamo riservato al nostro montaggio ci è sembrato che mancasse ancora qualcosa: “sembrava quasi di sentire il profumo di quei fiori…” (non a caso, alcune sale cinematografiche durante le proiezioni spruzzano particolari essenze aromatiche che favoriscono questi processi sensitivi); “sembrava di essere ancora su quella scogliera, con quel vento gelido…”; “sembrava di assaporare il gusto di quel dolce…”

Già, il “gusto” della fotografia.

Ma c’è anche chi ha operato in maniera inversa, cercando di arricchire il sapore del proprio prodotto dolciario proponendolo “accoppiato” a immagini e suoni, e la campagna Kit Mail Hologram, di Nestlè ne è un esempio.

“Questa campagna pubblicitaria si è associata al periodo degli esami che in Giappone va da gennaio a marzo ed è notoriamente vissuto con particolare pressione dai giovani, complice una cultura che attribuisce grande valore alle performance scolastiche e lavorative. Il brand ha così ideato un’originale iniziativa che permette ad amici e parenti di inviare tramite posta una speciale confezione di Kit Kat allo studente, spesso fuorisede, a cui si vuole fornire sostegno morale anche attraverso questo “portafortuna” (anche la somiglianza del nome Kit Kat con la frase “Kitto Katsu”, usata dalla popolazione per augurarsi reciproco successo, è stato decisivo fattore di accoglienza).

Sul pacchetto del dolce si legge un messaggio personalizzato di buon auspicio, mentre all’interno della scatola si trova un piccolo cono di plastica da montare facilmente e da appoggiare al video del proprio smartphone. Una volta scaricata l’apposita app e scansionato con il dispositivo il QR code esterno alla confezione, il destinatario potrà vedere in versione ologramma tridimensionale il video di una band giapponese che canta una canzone di incoraggiamento. Il kit è stato venduto in tutti gli uffici postali fino al termine della stagione degli esami”
(fonte: web). Potete vedere il promo a questo LINK.

Al di là dell’aspetto puramente commerciale di questo progetto, forte nella ricerca di effetti particolari e nuove modalità di comunicazione, mi pare evidente la presa di coscienza che la fotografia può davvero esprimere “vicinanza”, trasmettere solidarietà e valori importanti: dobbiamo però concederci il tempo necessario (non solo quello di una merendina…?!) per capire cosa vogliamo fare e come lo vogliamo fare, curandone ogni dettaglio, verificandone a fondo tutte gli aspetti e possibilità, senza lasciare nulla al caso. Dobbiamo nuovamente e costantemente educarci a fotografare.

(Articolo pubblicato sul Notiziario AV n° 72, edito dal DiAFDipartimento Audiovisivi FIAF)